Flavio de Marco – Waltz for debby

Waltz for Debby è un pezzo di Bill Evans,

Bill Evans Trio - Waltz For Debby - Back

nel caso specifico, quello del mio ascolto, la prima versione nella raccolta dei Live at The Village Vanguard, secondo cd. Evans ha pubblicato un albun con lo stesso titolo, ma questa versione, con le voci del pubblico in sottofondo, che sporcano e umanizzano le equazioni del trio Evans-LaFaro-Motian, mi sembra rappresenti a tratti più netti la figura di Debby.

Non so nulla della storia di Debby, di chi realmente sia stata o se abbia una identità reale. Per me Debby è la ragazza conosciuta al bancone del bar, la ragazza che si presenta per prima, perché ha capito che verrà corteggiata e nella vita a volte ci sono urgenze che non ammettono perifrasi. Evans dopo aver presentato il tema, superati i due minuti di ascolto sembra scorrere sulla tastiera con la vitalità di un ragazzino adulto, a cui piacciono le donne magre e che a volte regala un bacio ad una grassottella. Sul quarto minuto entra il basso di LaFaro, che introduce l’uomo al bancone, il suo gioco di sguardi, la sua finta timidezza, la versione trasognata di un romantico in progressione alcolica.

Waltz for Debby è l’incontro di due persone che si consuma sempre nello stesso modo, prima e dopo di loro, con varianti che riguardano soltanto l’abito. Lui, lei, ancora lui, nella mimica amorosa che ritma i muscoli di due burattini, che a volte strappano l’uno all’altro una parte di labbra prima dell’addio. Debby fa sempre il primo passo. Capisce tutto dall’inizio, prima che lui metta in atto la strategia del giorno, quella di sempre in realtà, prima di recitare ogni gesto che Debby ha già visto e di cui concede la messa in scena come residuo di virilità. Debby è la donna che fugge la relazione e che ama senza riserve. Debby satura generalmente lo spazio di sentimenti quotidiani che hanno il peso dell’eternità. L’eternità di un uomo, di una donna, di una vita, di una notte. Debby è una figura di spigoli che tende a forme circolari. Debby ha sempre l’odore del bosco. Quando lui lo sente per la prima volta, fa le sue scuse e va alla toilette. Di ritorno verso il bancone, mentre Debby è di spalle, lui ne raccoglie per intero la figura e il cuore gli si stringe. Immediatamente comprende che Debby si è giocata tutto prima che lui iniziasse a giocare, perché Debby ama prima. Sembra abitare da sempre il luogo dove lui è venuto quella sera solo per l’ultimo bicchiere, sembra abitare tutti i luoghi dove lui si innamora.

Anche Evans ha capito che Debby non scherza, perché quando ripete il tema per la seconda volta la mano destra e la mano sinistra sembrano ad un certo punto fuori sincrono, forse perché una delle due stringe per un istante la mano di Debby. Paul Motian al secondo minuto si stabilizza sul piatto charleston perché Debby e l’uomo al bancone stanno discutendo le loro ordinazioni. Parlano in modo semplice, elencano nomi di cocktail poi li scartano ridendo nello spazio tra i due sgabelli. Lui avanza sempre la pretesa di definire qualcosa, vuole capire cosa li muove l’uno verso l’altro, e Debby, che è l’essenza di questo movimento, gli sorride. Quando Evans riprende il tema, al quinto minuto e mezzo, Debby è di spalle. Lui ha paura che la fine del pezzo si porterà via anche lo sguardo di Debby.

Waltz for Debby è un valzer, un valzer fuori tempo, nel tempo di tutti i giorni, nel sentimento di sempre. I passi nella sala da ballo sono implosi negli occhi intermittenti di Debby e nei movimenti scimmieschi del collo di lui. Il 25 giugno 1961, a New York, sul calare della sera, un trio suona un valzer per Debby, così come ogni volta che un uomo e una donna si guardano con l’amore sottratto ad una vita che non potranno vivere insieme. Qualcuno, in qualche punto dello spazio, suona sempre un valzer per Debby. Il tempo di esecuzione, sei minuti e quarantasette secondi, è il tempo di uno sguardo nella compiutezza di un bacio, uno soltanto, il saluto e l’addio, l’incidente di due figure, consumate l’una nell’altra come corpo unico nello svolgersi del tema musicale.

Flavio de Marco (a Roma in via Roncegno 35 il 10 aprile 2008 alle 11 del mattino)

Photo credit: http://bit.ly/dToPih

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