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Incontri sulla nuova critica e scrittura d’arte in Italia

Bologna, Mambo, 24 e 25 settembre 2011

Terzo incontro di Sentimiento Nuevo, tappa principale del progetto, per parlare della situazione artistica attuale e del lavoro di curatori e critici.

A cura di Davide Ferri e Antonio Grulli, due intense giornate con diversi protagonisti della scena artistica – artisti, critici, curatori, collezionisti e scrittori – per rispondere ad una serie di quesiti.

Che cosa contraddistingue oggi il lavoro dei curatori? Quale la differenza tra critico e curatore? Cosa dovrebbe essere critica oggi? Quali i suoi valori? E la critica italiana ha saputo rinnovarsi rispetto a quella estera? Quali le figure di riferimento della nuova critica italiana? E’ vero che in Italia si scrive molto, ma si legge poco anche tra gli addetti ai lavori? E quale la sensazione, il “sentimiento” che accompagna chi opera nell’ambito del contemporaneo?

L’incontro è stato davvero stimolante per i tanti punti di vista che sono emersi, per le riflessioni e il confronto.

Questo testo è una sorta di resoconto personale su ciò che è stato detto.

E’ emerso il sentimento di insoddisfazione che caratterizza l’artista nei confronti di chi ha ricevuto l’incarico di un testo di presentazione, anche dei materiali e delle opere. L’analisi è spesso descrittiva, autoreferenziale (il proprio punto di vista e il tipo di formazione, la cultura di chi scrive a volte ostentata), mancando quella profondità di visione che era propria del critico/storico dell’arte, che riusciva a contestualizzare il lavoro.

Altra differenza sostanziale, quella tra critico e curatore: da un lato quest’ultimo propone e sostiene, intrattenendo collegamenti con il mercato, dall’altro dovrebbe essere fuori dal sistema per potersi esprimere con voce più libera.

Pare che il problema sia poi la valutazione della buona arte e della cattiva arte, invitate entrambe ad esporre, questo per una incapacità di vedere le cose che si hanno davanti, o con letture forzate per rendere l’arte comprensibile.

Il critico dovrebbe essere, invece, un esploratore -secondo le parole di Luca Trevisani- cioè indagare il territorio, capace di leggere le opere, in quanto l’arte contemporanea è molto più veloce rispetto alle etichette che le vengono impresse.

Sono state fatte letture, resoconti della situazione – e sono stati citati Luca Cerizza, L’uccello e la piuma, Bartolomeo Pietromarchi, Italia in opera, Stefano Chiodi, La bellezza difficile, e un altro testo, l’Autoritratto di Carla Lonzi – tentativi di narrazioni più ampie, perché un critico dovrebbe dire qualcosa di più largo respiro rispetto a quello che l’artista percepisce, in particolare nel rapporto diretto con l’opera.

Oggi la critica pare soggeta alla revisione del proprio ruolo, cerca un nuovo orizzonte progettuale, altri modelli di intervento. Così pare che Flash Art non incida più tanto sulle dinamiche, ma che nuove riviste come Kaleidoscope, Mousse, Nero, Doppiozero, siano propositive di nuovi modelli di indagine.

Ancora: per chi si scrive? Come si scrive di arte contemporanea? Per l’artista? Per il pubblico? Certo la scrittura è operazione di mediazione, e in Italia manca un dibattito sul contemporaneo.

Achille Bonito Oliva è contemporaneo? Siamo tutti fans di Harold Szeeman?

Il passaggio è generazionale, in un paese dove chi ha potere se lo tiene stretto e quindi si vive tra le macerie, in condizioni di continua precarietà. Ma le voci indipendenti ci sono, si moltiplicano, c’è questo desiderio di fare meglio, di trovare altre modalità, nuovi spazi per la riflessione.

Il problema è quello di “togliere informazioni”, non aggiungerle, dare spazio a scritti che forniscano “immagini”, in linea con la poetica degli artisti, per differenziarsi da questa invasione di comunicati stampa che riflettono la molteplicità di mostre ovunque, con messaggi che a volte passano, o spesso complicano e non dicono.

Se la superficialità è forse figlia della mancanze di risorse (come ha specificato un collezionista, Diego Bergamaschi), manca una visione d’insieme di ciò che sta accadendo.

Il mondo è frammentato, l’arte contemporanea troppo sfaccettata per rendere “lo spirito del tempo” secondo Hegel, e dunque sembra mancare la capacità di sintesi, il rapportarsi con il presente, la storia, la politica.

Bartolomeo Pietromarchi, con il libro Italia in opera, ha costruito una geografia per rendere la diversità di un territorio, una geografia come prospettiva generale. Ma siamo ancora una comunità?

Gli artisti sempre più si formano all’estero, e se un Paese non è capace di crescere i suoi artisti devono esserci problemi strutturali.

Il mondo dell’arte si è professionalizzato negli ultimi anni, ma chi scrive è spesso descrittivo, non critico, a supporto del mercato. Mentre bisogna aprire a nuovi orizzonti. Nuovi punti di partenza.

Il formato dell’intervista resta una chiave interessante per approcciarsi a un artista, perchè immersione psichica e relazionale nuova.

C’è una suddivisione tra il mondo dell’arte, tra chi è allineato alle posizioni di potere (leggi politica) a sostegno di linee e poetiche, e chi cerca nuove strade, modalità differenti per promuovere e sostenere l’arte contemporanea.

Ma forse la caratteristica dell’arte contemporanea è proprio quella di essere un caleidoscopio di voci, pensieri, e quindi questa situazione critico/curatoriale riflette il paesaggio dell’arte, ne è speculare.

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